“Sono il numero 1 dei numeri 2 ed io e Simeone siamo come Robert De Niro e Joe Pesci, complementari ed insieme devastanti”. Questo il riassunto degli ultimi anni di German Burgos, detto “El Mono” (letteralmente “la scimmia”, soprannome coniato per lui dal suo primo allenatore al Ferro Cavril), che dopo tanti anni da secondo del Cholo tra Catania ed Atletico Madrid, ha deciso di intraprendere la propria carriera da “allenatore solista” alla guida del Newell’s Old Boys in Argentina.

Nato il 16 aprile del 1969 a Mar de La Plata, una vita da vera rockstar per Burgos, non solo per la grande passione per la musica rock sfociata nella creazione di un rock band che sin dal 1992 esegue cover dei Rolling Stones, ma anche per scene che lo hanno consacrato nel “Gotha” del mondo dell’Atletico Madrid. Ma Burgos era anche un raffinatissimo tattico ed è proprio per questo che Simeone, prima dell’esperienza a Catania, lo volle con se in Sicilia dopo aver saputo dei suoi maniacali appunti tattici che costringeva a mettere in campo ai suoi ragazzi di una squadra argentina di sesta divisione. Burgos riusciva anche ad essere estremamente fantasioso e geniale nello studiare le tattiche per i calci da fermo e le palle inattive: Simeone racconterà come proprio da una sua intuizione nascerà lo schema su angolo che porterà l’Atletico a vincere lo scontro diretto al Camp Nou contro il Barcellona grazie ad un gol di Godin.

Un amore quello tra Burgos e l’Atletico Madrid nato in tv: infatti il “Mono” rimase folgorato dal grande attaccamento alla maglia dei tifosi Colchoneros quando, scesi in seconda divisione, invasero nella prima giornata il piccolo campo del Leganes. Burgos confessò al suo procuratore di avere il desiderio per giocare per quei colori, fatto che avvenne due anni dopo nella stagione 2001-2002. Burgos difese la porta dei biancorossi per tre stagioni fino a che un tumore maligno al rene lo costrinse ad appendere i guantoni al chiodo; proprio in quell’occasione c’è un piccolo aneddoto che fa capire bene il carattere di Burgos. Doveva essere ricoverato prima dell’ultima partita del campionato dell’Atletico ma volle giocare a tutti i costi prima di affrontare la sua malattia per aiutare i compagni a portare a casa l’obiettivo finale e la vittoria.

Famosa la frase che rivolse ad un personaggio non di certo di basso profilo caratteriale come Josè Mourinho in un Real-Atletico ad Bernabeu: “Yo no soy Tito, yo te arranco la cabeza” (letteralmente “io non sono Tito (il compianto Tito Villanova, storico secondo di Guardiola al Barcellona con cui lo “Special One” ebbe un battibecco a gioco fermo), ti stacco la testa”.

Un uomo che vive il calcio come piace a noi: onore a te Burgos!