Ci sono uomini che segnano in maniera decisa l’ambito lavorativo in cui operano, dall’arte alla musica, dall’imprenditoria alla finanza. Nel calcio ci sono pochi uomini che travalicano le tifoserie e le fedi campanilistiche e che solcano l’immaginario collettivo per un’idea di calcio e di stile di interpretarlo. Zdenek Zeman è sicuramente uno di questi.

Nato a Praga il 12 maggio del 1947, nipote di Cestmir Vycpalek (2 scudetti con la Juventus), si trasferì ben presto in Italia a causa dell’insurrezione politica che nel 1968 portò alla cosiddetta “Primavera di Praga”. Si laurea a Palermo frequentando l’Isef ed iniziando la carriera da allenatore in Sicilia. Nel 1986 viene chiamato a Foggia, ma dopo una sonora sconfitta per 5-0 rimediata contro il Cosenza, viene sostituito dal suo secondo Balestri. Il patron Casillo lo richiama nel 1989 in una squadra neopromossa in Serie B dopo la vittoria del campionato con Caramanno. Il resto è storia con Zeman ed il Foggia che scriveranno una delle pagine più luminose del calcio italiano.

Proprio lui a gianlucadimarzio.com ricorda quei fantastici anni in Capitanata: ricordo Signori e Baiano arrivati in nazionale, ai quali si è aggiunto poi Rambaudi, andato alla Lazio. Di solito si dà importanza a chi fa gol, ma c’erano anche Shalimov, Petrescu… Abbiamo giocato un calcio diverso rispetto alle altre squadre, forse è per questo hanno inventato la parola Zemanlandia: che senza i giocatori, però, non ci sarebbe stata…”

Zeman poi viene chiamato da Cragnotti ad allenare la Lazio, rapito dallo spettacolo che lo boemo aveva offerto con una banda terribile di calciatori presi dalle categorie inferiori ed in due anni e mezzo raggiunge un secondo ed un terzo posto prima di essere chiamato da Franco Sensi sulla panchina della Roma.

Proprio il tecnico boemo ricorda la sua “stagione romana”: “Mi hanno chiamato dalla Roma quando ero a Praga. Quando sono arrivato all’aeroporto, ho incontrato alcuni fan della Lazio che mi hanno detto che avevo ragione e che potevo andare alla Roma. Normalmente non succede perché c’è un’enorme rivalità. Quando ho perso contro la Lazio nel mio primo derby, i tifosi della Roma mi dissero che ero un laziale. Ho amici sia alla Lazio che alla Roma, non posso dividermi in due. Posso dire che ho pianto quando stavo per lasciare la Lazio. I tifosi stavano mettendo insieme una petizione per non farmi andare via. Ero molto giovane, quindi è stato difficile per me. Non è stato così, invece, quando ho lasciato la Roma, quando ho capito che il presidente voleva cambiarmi per Fabio Capello”.

Poi un lungo peregrinare in lungo ed in largo per l’Italia, con le esperienze più importanti a  Napoli, Salerno, Lecce, Avellino (di nuovo in tandem con Casillo) e Pescara, dove conquisterà una clamorosa promozione in Serie A con una banda di giovanotti che vedeva in campo tra gli altri Insigne, Immobile e Verratti solo per citarne alcuni.

Zeman in una recente intervista alla Gazzetta dello Sport, commentando la nascita della Superlega, ha lasciato una sorta di vademecum della sua idea di calcio: “Ho sempre considerato l’idea della Superlega profondamente sbagliata, non esiste nessuna sana competizione sportiva che non sia basata sui concetti di meritocrazia e di partecipazione di chi se l’è conquista sul campo. La nascita della Superlega, favorita solo da interessi economici dei pochi club titolati a parteciparvi di diritto, svilirebbe i campionati nazionali dove invece affondano le radici sociali e culturali del calcio. Non c’è altra ragione nella creazione di questa competizione se non l’aspetto economico. Come si è arrivati fino a qui? Perché prima di arrivare a questa montagna di miliardi di debiti, che rischiano di far collassare l’intero sistema, non si è intervenuti seriamente per far rispettare le regole e sanzionare chi le ha scavalcate, trovando scorciatoie spesso con la compiacenza di chi il Sistema lo gestisce?”.

Buon compleanno Zdenek, maestro di calcio.