Arrivato in Italia con la prospettiva di essere l’erede di Michel Platini in maglia bianconera, Oleksandr Zavarov, nato in Unione Sovietica (l’attuale ucraina) il 26 aprile del 1961, ha deluso le aspettative dei tifosi bianconeri e di Giampiero Boniperti, che tanto aveva insistito con la Dinamo Kiev per averlo in Italia. Pensare che per lui si mosse anche Agnelli in persona con il governo sovietico, visto che i calciatori allora erano stipendiati dello stato e quindi sui trasferimenti dei calciatori interveniva direttamente il board del partito comunista sovietico. Sarà infatti lui il primo calciatore sovietico a giocare nel nostro campionato.

Zavarov viene accompagnato in Italia anche dalle parole del suo mentore, il famigerato colonnello Lobanovsky, che addirittura lo paragone per classe e incisività nell’indirizzare e determinare le partite addirittura a Diego Armando Maradona. Zavarov arriva in Italia per 7 miliardi di lire e trova come allenatore della Juventus Dino Zoff che gli da fiducia e gli assegna la numero 10 di Platini; purtroppo per il povero Oleksandr sarà votato come il peggior numero 10 della storia della Juventus da parte dei suoi tifosi.

Zavarov chiuderà le sue due stagione in bianconero con 60 presenze e 7 reti all’attivo, contribuendo da comprimario alla vittoria nel 1989-90 di Coppa Uefa e Coppa Italia.

Zavarov in una recente intervista a tuttojuve.com ricorda così la sua esperienza a Torino: “Per il calcio diverso a cui ero abituato e per il cambio generazionale che c’è stato in quel periodo nella Juventus la mia esperienza è stata molto tribolata. E’ stato veramente difficile adattarsi a quello stile di gioco. Un altro grande problema è stata la lingua, non capendo bene l’italiano ho fatto fatica ad ambientarmi nel vostro paese. Però vedo il bicchiere mezzo pieno: questa esperienza mi ha aiutato tantissimo nel prosieguo della mia carriera. Anche quando, poi, ho appeso gli scarpini al chiodo. I compagni erano fantastici, prima che calciatori erano veri uomini. Ricordo bene, inoltre, quanto calorosi fossero i tifosi italiani. C’era un tifo incredibile. Con Zoff il rapporto non era ottimo, ma nessuno dei due avrà avuto dei rimpianti in questi anni per come è finita. Anche se il modo di giocare della Juventus era differente da quello della Dinamo Kiev, questa esperienza è stata di un livello molto alto e mi ha permesso di vincere due trofei importanti come la Coppa Italia e la Coppa Uefa”.