Negli anni ’70 il gioco del calcio fu rivoluzionato dal “movimento olandese”. Che ebbe in Crujiff il suo simbolo ed in una nazionale (appunto l’Olanda) il suo maggiore “sponsor”. Soprannominati gli Orange per il colore della maglia sono entrati di diritto nella storia del calcio globale.
Qualche anno più tardi nel ’79/80 nella serie B italiana, con un pareggio contro il Lecce alla penultima giornata un altra squadra “Orange” entrò di diritto nella storia del calcio italiano e toscano: la Pistoiese fu promossa per la prima volta in serie A girone unico.


La scommessa del presidente Melani che nel ’74 prese completamente le redini della società, era quella di portarla in massima serie entro 5 anni. Considerato un visionario dagli addetti ai lavori dell’epoca, che dovettero ricredersi, seppur con un anno di ritardo da quanto pronosticato dal Patron.


Con una squadra fatta di giovani esordienti (tra cui l’allenatore Lido Vieri) ed esperti giocatori come Frustaluppi, Lippi (si proprio lui, il futuro CT campione del mondo) e Rognoni, a cui si aggiunse l’acquisto del brasiliano Luis Silvio Danuello, considerato tutt’oggi (suo malgrado) il “bidone” per eccellenza. Così la Pistoiese iniziò il suo campionato tra la curiosità, simpatia e scetticismo generale.


L’inizio fù abbastanza difficile, tanto da indurre l’eclettico Presidente ad ingaggiare l’attaccante Vito Chimenti, il difensore Mauro Bellugi e cambiare allenatore.
Sennonché il nuovo tecnico Edmondo Fabbri, pretese che al suo fianco restasse il suo predecessore Lido Vieri.
Quello fu il punto di svolta poiché, contro ogni pronostico, iniziò una cavalcata inarrestabile della squadra toscana. Seppur giocasse un calcio molto “all’italiana” (contropiede e catenaccio per intenderci), in quel periodo la Pistoiese fu ribattezzata “l’Olandesina” in chiaro riferimento al colore della maglia simile a quella dei ben più noti colleghi dei Paesi Bassi. Il punto più alto viene raggiunto alla 13a giornata. Si gioca a Firenze, in un derby fino ad un anno prima solo sognato dai tifosi arancioni. Gol decisivo di Baldiani (ancora oggi un idolo da quelle parti) e 1-2 finale per gli “Olandesini”. Sesto posto in solitaria in serie A.


Si torna però presto alla cruda realtà, Sconfitta con la Roma (traversa su rigore del possibile pareggio di Chimenti, ribaltamento di fronte e raddoppio giallorosso), 4-0 finale.
Di lì in poi il buio. Nel girone di ritorno 3 punti, frutto di 3 pareggi ed un filotto di 9 sconfitte consecutive, la prima delle quali contro l’Inter, condita da polemiche finali (rigore dubbio per i nerazzurri), che costarono 6 mesi di squalifica al tecnico Edmondo Fabbri, poi Juve (rigore negato ai toscani). Dopo aver sfiorato addirittura il sogno coppa UEFA, gli “Orange made in Italy” conclusero la stagione con 16 punti, relegati mestamente all’ultimo posto in classifica ed inevitabilmente retrocessi.


Da quel momento la Pistoiese scese nel vortice delle serie inferiori tra fallimenti e veloci apparizioni in serie cadetta. Negli almanacchi impolverati, nelle pagine ingiallite dei giornali e degli album dell’epoca e soprattutto nella memoria di una città intera, resta però quel gruppo di ragazzi e “vecchietti”. Capaci di far tremare i grandi del calcio nostrano tanto da guadagnarsi anche solo per una giornata, lo scettro di “regina del calcio toscano”.


D’altronde come diceva un certo Giacomo Leopardi: “Il più solido piacere di questa vita è il piacere vano delle illusioni”.

Fabrizio Di Biase