Michel Platini, nel libro “Il Re a nudo” racconta così un aneddoto sulla sua esperienza in bianconero: “

6 gennaio 1985, la Juventus gioca a Genova contro la Sampdoria: freddo cane, terreno ghiacciato come una pista di pattinaggio. Vengo dall’est della Francia e conosco bene quelle situazioni climatiche. Fortunatamente ho conservato i miei scarpini, quelli con cui giocavo a Nancy quando il terreno del Marcel Picot era troppo scivoloso. Questi scarpini non hanno i tacchetti in ferro, ma piccoli tasselli che aderiscono meglio al terreno. Nello spogliatoio scoppia il casino. Gli italiani non hanno mai visto roba del genere. Il mio capitano, il rimpianto Gaetano Scirea, mi guarda stupito con occhi da gufo: “Michel, non vorrai mica giocare con quella roba lì ai piedi!”
«Sì, certo, gioco con questi».

Arriva Trapattoni, allertato dagli altri: «Gaetano ha ragione, dai, cambia le scarpe, metti i tacchetti, lascia perdere il resto». «No, io tengo queste». «Ah, è così. Allora chiamo il presidente». «Ok, fai pure». Boniperti arriva come una furia nello spogliatoio e, prima che lui apra bocca, gli dico: «Gioco con queste scarpe».

Evitando ogni baruffa, mi lascia fare quello che voglio, pensando al solito capriccio da star. Dopo soli cinque minuti, approfitto di un rilancio difettoso della difesa doriana, calcio da venticinque metri, gol. Corro verso il bordo campo e, con il dito, indico i miei piccoli tasselli. Rido come un bambino al quale è riuscita una bravata imprevista. Sono stato sempre un uomo libero. È stata questa la mia grande ricchezza.