Con quel nome avere talento nel DNA diventa scontato, poi però c’è da trasformarlo in trionfi e allora le cose si complicano. La carriera di Diego Maradona Junior non ricalca quella del padre, ma a vederlo in azione movenze e piede certificano il legame di sangue. Ancor più forte dopo la tragica scomparsa del ‘Diez’.

“Portare certi cognomi è uno svantaggio, soprattutto per i figli di un papà forte. Il mio poi era addirittura fuori categoria, il migliore di tutti i tempi. Il paragone con Maradona è stato un enorme macigno sulla mia carriera di calciatore”.

“Sono sempre andato alla ricerca di una mia identità, forse mi sarebbe stato un po’ d’aiuto giocare in un ruolo diverso rispetto al suo. Ma il cognome illustre te lo fanno pesare sempre, per farti sentire in soggezione. Non tanto i compagni di squadra, invece gli allenatori sì”.

Maradona jr cresce nel vivaio del Napoli, quel Napoli che Diego porta sul tetto d’Italia e d’Europa, ma purtroppo per lui ne fa parte nel momento meno adatto: nel 2004 il club fallisce e il figlio d’arte si ritrova svincolato, passando dai sogni azzurri (Nazionale compresa, vista la convocazione con l’Under 17) all’inizio di un percorso differente.

Un percorso che porta il 18enne Diego in Liguria, sponda Genoa, col Grifone che crede in lui e lo tessera. Dopo 6 mesi, però, Maradona junior finisce in un reality.

Destinazione Cervia, a ‘Campioni’, dove il suo nome accende fantasie aumentando curiosità e ascolti: non siamo in Serie A bensì in Eccellenza, guai fisici non gli consentono di trovare continuità e nonostante la promozione in D l’avventura in Romagna termina dopo appena un anno.

” Quando ho fatto quella scelta ho buttato la mia carriera. Avevo ancora 18 anni, cinque di contratto col Genoa dove ero ben visto da Cosmi che mi stava facendo allenare con la prima squadra. Sono stato un coglione ad andare al Cervia, ho ascoltato una persona che ha pensato solo alle sue tasche. Mi accorsi subito di aver fatto un errore: umanamente mi sono trovato benissimo, ma dal punto di vista calcistico è stato un disastro. Non mi sentivo me stesso, non c’entravo nulla”.

Da qui inizia un girovagare tra i campi minori della Campania, terra in cui nel 1986 Claudia Sinagra lo dà alla luce durante la chiacchierata ‘story’ col Pibe de Oro: Internapoli, Quarto, Caivanese, Forio, Arzanese, San Sebastiano, San Giorgio, Savoia, Afro-Napoli United e Villa Literno , un tour intervallato dagli exploit in Molise e nel beach soccer.

FONTE: GOAL.COM