“D’un tratto lo sento, chiarissimo, prendo coscienza. Sotto gli occhi degli ottantamila, sono testimone del mio addio. Marco van Basten, il calciatore, non esiste più.
State guardando uno che non è più. State applaudendo un fantasma. Corro e batto le mani, ma già non ci sono più. Oggi sono morto come calciatore. Sono qui, ospite al mio funerale”.
A San Siro, in una triste sera d’estate del 1995, Marco van Basten disse addio al calciatore che era stato, dopo aver lottato invano contro le sue caviglie di cristallo. Per tutti, non solo per lui, fu l’addio alla bellezza, alla perfezione, alla determinazione, alla vittoria come cifra stilistica. “E a un certo punto tutto s’interrompe, e tu ti senti malissimo. Non puoi credere che una cosa del genere sia capitata a te”.
Quell’addio arrivò all’improvviso e lasciò tutti con la tristezza nel cuore e migliaia di domande che nessuno ebbe la forza di fargli.
“Nel calcio, alla fine, conta una sola cosa: vincere. Soprattutto, vincere nelle occasioni più importanti. E per questo servono i gol. Ma non mi riferisco a quei palloni che basta spingere in rete, come i sei messi a segno nel 9-0 contro lo Sparta Rotterdam, né alla rovesciata contro il Den Bosch. No, significa essere decisivi nei momenti che contano. Vincere le finali. Ancora meglio, decidere le finali con i tuoi gol. Questa ambizione era la mia benzina. Più la situazione era difficile, più forte era la pressione, maggiore era la spinta in me a giocare, a superare l’uomo, a segnare, a vincere.
Da ragazzino timido di 6 anni proveniente da Utrecht, formatosi per strada e con l’associazione calcio della sua città, dieci anni dopo ho fatto il mio debutto nel grande Ajax, sostituendo il mitico Johan Cruijff. Con una Coppa delle Coppe in tasca, partito alla volta di Milano, sono poi risultato decisivi agli Europei del 1988 con l’Olanda. Poi, quei Mondiali di merda.
Nel dicembre 1992 ero in cima all’Olimpo. Sono stato eletto miglior giocatore del mondo e, per la terza volta, (come Cruijff e Platini), migliore d’Europa. Avevo vinto tre coppe europee, segnando gol decisivi in due finali avevo determinato un grande torneo per Nazioni e avevo realizzato quattro gol in una solo partita contro il Göteborg, un’impresa che non era ancora riuscita a nessuno nella Coppa dei Campioni”.

Tratto da “Fragile: La mia storia, Marco van Basten”