5 campionati, 3 Coppe dei Campioni, 2 Coppe Intercontinentali, 3 Supercoppe Europee e 4 Supercoppe Italiane. Questo l’incredibile bottino di Filippo Galli, difensore del Milan già prima dell’arrivo di Silvio Berlusconi alla guida del club meneghino.

Nato a Monza il 19 maggio del 1963, Filippo Galli compie tutta la trafila nel settore giovanile rossonero, viene promosso in prima squadra da Nils Liedholm e diventa titolare con Arrigo Sacchi. Giocherà 13 stagioni nel Milan, per poi chiudere la carriera con le esperienze alla Reggiana, al Brescia ed alla Pro Sesto, oltre un esperienza in Inghilterra con il Watford.

Il neo responsabile del settore giovanile del Parma, in una recente intervista a pianetamilan.it, ricorda: “L’arrivo di Berlusconi nel 1986 rappresentò la svolta per noi. Un presidente appassionato e competente che ha costruito una grande squadra, acquistando campioni straordinari. Una miscela incredibile grazie a un innovatore come Sacchi in panchina. Vincere giocando bene: ecco perché siamo entrati nella storia. Berlusconi aveva una straordinaria carica motivazionale: sapeva infonderci fiducia come nessuno. Ricordo ancora la convention di Publitalia a Saint Vincent: c’erano 150 persone e le conosceva tutte per nome. Si fermò a parlare con tutti, uno a uno, dando consigli e disposizioni”.

Poi su Marco Van Basten un retroscena: “Il Cigno mi ha spaccato un ginocchio in allenamento. Una sua entrata mi ha disinserito il legamento collaterale del ginocchio destro. Era molto nervoso come spesso capitava dopo alcune esercitazioni fatte con Sacchi. Gliel’ho perdonata ovviamente…”.

E gli avversari più forti incontrati: “Con Pruzzo e Rummenigge erano grandi battaglia così come con Vialli e Mancini. Maradona era il più forte in assoluto, mentre Paolo Rossi era pericolosissimo: bastava perderlo un secondo e faceva gol”.

Poi la chiusura su Arrigo Sacchi: “Gli inizi non furono semplici. Le sconfitte con Fiorentina ed Espanyol rischiavano di far saltare tutto. Fu molto brava tutta la società a proteggerlo e difenderlo. Sacchi aveva un metodo molto chiaro di gioco basato sull’intensità: ci faceva lavorare molto a secco con Pincolini. In campo difesa corta e pressing altissimo con automatismi replicati a memoria in maniera univoca. C’è stato un calcio prima e un calcio dopo Arrigo Sacchi in Italia”.