719 presenze, 33 gol, 6 scudetti, 3 Champions League, 3 Supercoppa Uefa, 2 Coppe Intercontinentali, 4 Supercoppe Italiane ed addirittura un titolo di capocannoniere in una Coppa Italia (stagione 89/90 con 4 reti): questa raccontata in numeri la storia di uno delle leggende del calcio italiano che risponde al nome di Franco Baresi.

Nato a Travagliato l’8 maggio del 1960, Franco Baresi è ancora oggi uno dei simboli del calcio di casa nostra a cavallo tra gli anni ’80 e ’90, con il Piscinin (così veniva chiamato agli inizi della sua carriera) che anche con la maglia azzurra ha vissuto gioie (come il Mondiale di Spagna vinto da riserva di Gaetano Scirea) e dolori (come la finale di Pasadena persa con il Brasile in cui Baresi giocò una partita fenomenale contro Romario dopo aver recuperato a tempo record da un brutto infortunio al piede).

Franco Baresi in una recente intervista al Corriere della Sera risponde a chi gli chiede come dovrebbe raccontare la sua carriera vissuta solo con la maglia rossonera: “Che il Milan è stato la mia vita. E lo è ancora. Sono arrivato adolescente e oggi sono un po’ più maturo e più saggio. Ma sempre milanista. Ne ho viste tante, sia sul campo sia da dirigente. Ho incontrato molte persone che mi hanno fatto crescere, mi hanno forgiato. Ho avuto la fortuna di vivere la mia carriera con il Milan con gente come Rivera, Rocco, Liedholm, Berlusconi e Sacchi. Rivera è stato il mio capitano. Da lui ho imparato tantissimo, vincemmo lo scudetto della stella senza essere favoriti. Liedholm e Rocco le ho sempre vissute come due icone.

Baresi poi racconta i suoi momenti principali in maglia rossonera ed un passaggio sfumato alla Juventus nel 1982 dopo la retrocessione in B del Milan:“Ho vissuto momenti belli, tanti ed anche brutti, pochi. Il peggiore la seconda retrocessione. Ebbi un’infezione da stafilococco. Stagione balorda. Il più bello? Metterei in fila i primi due anni di Sacchi. Lo scudetto del 1988 è stato pieno di sorprese perché praticavamo un calcio nuovo, diverso, unico. Da lì siamo tornati in Coppa dei Campioni e l’abbiamo vinta. In breve eravamo in cima al mondo. Il mio passaggio sfumato alla Juve? Sono cresciuto in questo club, mai pensato ad andarmene. Quella stagione mi fecero capitano. Non so se ero pronto, ma ho imparato strada facendo. La mia scelta è stata ricambiata, diventare capitano è stato un onore enorme”.

Poi un pensiero al Milan di oggi ed un consiglio a come vivere “da Milan”: “Il Milan non deve mai dimenticare la sua filosofia: imporre il proprio gioco con coraggio. E non avere paura. Mai”.