La cosa più grave accadde alla quarta giornata quando l’Athletic Bilbao venne a giocare al Camp Nou. Era un clásico contro i baschi, si giocava sempre al massimo. È una storia da romanzo, sì, ma molto reale. Accadde proprio a me e mi brucia ancora…

La racconto di nuovo perché all’epoca ci fu un personaggio fondamentale e che tornò a esserlo molto a ridosso del Mondiale, quando ormai non c’era quasi più tempo. Parlo del dottor Rubén Darío Oliva. Il «Tordo». O il «Loco», con tutto il rispetto del mondo. Lui lo sa che lo chiamo così. E in quel momento gli dovetti dare quel nome. Sì, lo chiamai così quando Goikoetxea mi ruppe la caviglia. Era il 24 settembre 1983. Ricordo la data come fosse quella di un gol importante. E come potrei mai dimenticarmene se è stato il peggior infortunio di tutta la mia carriera? Quanto si picchiava all’epoca nel calcio spagnolo!

Che non ci fosse almeno un giocatore fratturato per partita era un vero miracolo. Ho sempre raccontato quella storia, quella del ragazzino che andai a trovare in ospedale perché era stato investito da un’auto e mi voleva conoscere. Mentre uscivo dalla stanza, di fretta perché era lo stesso giorno della partita contro il Bilbao, il ragazzino mi disse di fare attenzione, perché mi avrebbero preso di mira… Io sentii un brivido lungo la schiena, certo, perché queste cose fanno un po’ impressione. Ma ero talmente abituato alle
botte che non pensai potesse essere diverso dalle altre volte.

La partita era tranquilla per noi. Stavamo vincendo 3-0 e Schuster aveva colpito Goikoetxea. C’era un conto in sospeso tra di loro, perché tempo prima era stato il basco ad aver fatto male al tedesco. Fatto sta che lo stadio era una bolgia a favore del tedesco, e l’altro se lo voleva sbranare. Lo voleva ammazzare. Siccome l’avevo così vicino, perché mi stava marcando, gli dissi: «Tranquillo, Goiko, calmati. State perdendo 3-0 e di questo passo ti becchi un cartellino giallo…» No, no, non lo volevo innervosire. Giuro di no. Io parlavo così con i miei avversari, soprattutto con quelli che mi marcavano. Certo stavo attento a come si comportavano con me. E quella sera non lo vidi arrivare, non lo vidi arrivare. Se no, l’avrei schivato.

Tratto dal libro “La Mano di Dio” di Diego Armando Maradona