Edgar Davids è stato un grande ex di Juventus e Milan, anche se le due esperienze sono state profondamente diverse sia dal punto di vista delle prestazioni personali sia per quelle che sono state le vittorie raccolte.

Davids veniva in Italia da predestinato fuoriclasse con la maglia dei Lancieri dell’Ajax, ma la sua esperienza a Milano in maglia rossonera è stata del tutto negativa. Proprio Davids in una sua intervista la ricorda così: “Ho la coscienza a posto, tant’è che nessun giocatore del Milan, durante la partita o dopo, mi ha rimproverato o detto qualcosa. Un giorno nel salone di Milanello un dirigente ci dice che la società vuole mantenere un certo profilo e che “le mele marce non sono bene accette. Anche il signor Costacurta disse che i “senatori” rossoneri non accettavano mele marce. Venni ceduto in 24 ore ma non ho niente da rimproverarmi.”

Di tutto altro spessore l’esperienza alla Juventus, tanto da valergli una delle 50 stelle della “Hall of Fame” bianconera allo Stadium. Tre grandi crucci però rimasero nella storia di Davids alla Juventus, con le due finali perse di Champions League contro Real Madrid e Milan, oltre alla grande delusione contro il Perugia, decisa dal famoso gol di Calori:

“La mia Juve era una famiglia vincente, in campo ci aiutavamo sempre. Lo Scudetto più bello fu il primo, quello del ’98. I tifosi furono fantastici da subito. Mi accolsero a Torino senza pregiudizi per il mio passato rossonero. La stella è per me uno dei trofei più belli della mia carriera. Con la Juventus ho imparato a vincere. Non so come è successo, è qualcosa che si re­spira nell’aria dello spoglia­toio, sono concetti che vengo­no tramandati da giocatore in giocatore, è il sentimento che ti trasmettono milioni di tifosi e non c’è club nel mon­do che ti faccia lo stesso effetto”.

Una chiusura poi su mister Marcello Lippi, l’allenatore che più ha inciso sulla carriera del “Pitbull” olandese: “Io e il mister abbiamo litigato, poi fatto pace, poi litigato ancora. Avevamo un feeling speciale: è stato lui a darmi la possibilità di emergere. Ero un rischio a quei tempi, lui se l’è preso con coraggio perché ha visto qualcosa di buono in me”.